Lunes, 11 Abril 2022 09:33

SPIRITUALITA' DIOCESANA

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                   SPIRITUALITA' DIOCESANA

 

1. SPIRITUALITA DIOCESANA: Laici, religiosi, ministri ordinati

 

 

     Bisogna far attenzione al significato delle due espressioni: "Spiritualità" - "diocesana". L'espressione "spiritualità" indica una vita secondo lo Spirito Santo (cfr. Gal 5,25) e, quindi, si tratta di vivere coerentemente i doni e le grazie dello Spirito. "Diocesana" indica la realtà di grazia di vivere e appartenere (secondo la propria vocazione e il proprio stato di vita ed eventuali carismi) ad una Chiesa particolare, dove presiede un successore degli Apostoli in comunione col Successore di Pietro. Teologicamente è secondario se la Chiesa particolare è giuridicamente "diocesi", "prefettura", "vicariato", "prelatura", ecc. L'espressione "diocesana" si riferisce a tutte queste realtà eclesiologiche di grazia, anche quando giuridicamente non si tratti di una "diocesi".

 

     "Spiritualità diocesana" significa dunque, vivere questa realtà di grazia. Tutti i fedeli che risiedono in una "Chiesa particolare" sono chiamati a vivere una storia di grazia e una eredità apostolica che costituisce la "diocesi" o concretizzazione analoga della Chiesa universale.

 

     A questa "spiritualità diocesana" sono chiamate tutte le vocazioni (sacerdoti, religiosi, laici). Queste persone svolgono "servizi" ("ministeri") specifici (profetici, liturgici, di carità...), con il riferimento a dei carismi peculiari. Vocazioni, ministeri e carismi, sono componenti della spiritualità diocesana, senza esclusivismi ne emarginazioni.

 

     Nella Chiesa particolare, resa concreta nello spazio e nel tem­po, si concretizza la Chiesa universale. È la Chiesa come evento salvifico (cfr. Mystici Corporis Christi: AAS 35 (1943) 211 ss).

 

     La Chiesa si fa concreta o si realizza lì dove si predica la parola e si celebra l'eucaristia in rapporto con il vescovo come garante della tradizione apostolica. È il vescovo, in comunione con il papa e con gli altri vescovi, colui che garanti­sce l'inserimento in questa tradizione. Questo vale a livello dottrinale, pastorale e spirituale, senza eccezioni (cfr. CD 11; cfr. CIC, can. 369).

 

     La diocesi o Chiesa particolare è in rapporto stretto di comunione con tutta la Chiesa, perché: è immagine ed espressione, presenza e realizzazione (concretizzazione) della Chiesa universale; ha le sue radici nella successione apostolica per mezzo del proprio vescovo in comunione con il successore di Pietro e la collegialità episcopale; è segno trasparente e portatore della salvezza in Cristo per tutta la comu­nità umana; è portatrice di carismi speciali dello Spirito Santo per il bene della Chiesa universale e di tutta l'umanità (cfr. LG 13,23,26; CD 11; AG 6,19,22; OE 2). Le Chiese fondate dagli Apostoli erano una stessa Chiesa resa concreta, con sfumature e carismi diversi, in un luogo e tempo (1Ts 2,14). «Questa Chiesa di Cristo è veramente presente in tutte le legittime assemblee locali di fedeli che, uniti ai loro pastori, ricevono anche il nome di Chiesa nel Nuovo Testamento (At 8,1; 14,22‑23; 20,27)» (LG 26; cfr. LG 13).

 

2. SERVITORI SPECIALI DELLA SPIRITUALITA' DIOCESANA

 

     Tutti i ministri ordinati (vescovo, presbiteri, diaconi) sono al servizio di queste Chiese particolari, senza perdere l'universalismo, per garantire, custodire e aumentare un tesoro di grazie che va a beneficio della Chiesa universale. Essere sacerdote diocesano implica una sensibilità ecclesiale responsabile di fronte all'eredità apostolica ricevuta, che aumenta permanentemente per il bene di tutta la Chiesa. «Sempre intenti al bene dei figli di Dio, cerchino di cooperare nel lavoro pastorale di tutta la diocesi e anzi, di tutta la Chiesa» (LG 28).

 

     Il servizio sacerdotale diocesano è un atteggiamento pastorale e spirituale di accompagnamento permanente della comunità nel suo percorso di maturazione fraterna, spirituale e apostolica. Senza la presenza del sacerdote ministro, «la Chiesa non può essere completamente sicura della sua fedeltà e della sua visibile unità» (Il sacerdozio ministeriale, Sinodo, 1971, part. 1ª,4) «I presbiteri sono posti tra i laici per portare tutti all'unità della carità... Ad essi spetta, quindi, armonizzare in modo tale le diverse mentalità che nessuno si senta estraneo alla comunità dei fedeli. Essi sono i difensori del bene comune, la cui cura esercitano a nome del vescovo e, al tempo stesso, sono assertori strenui della verità, affin­ché i fedeli non siano sballottati da ogni vento di dottrina» (PO 9; cfr. PO 6; LG 28; CD 18,23,30).

 

     L'incardinazione è un fatto di grazia e, quindi, una sorgente di armonia e di impegno ministeriale affinché il sacerdote si realizzi qui ed ora nella Chiesa particolare presieduta da un successore degli Apostoli. Sarà, dunque, un punto di riferimento per trovare la spiritualità specifica del sacerdote diocesano, secolare nel suo Presbiterio, tenendo presente anche la dio­cesaneità dei sacerdoti religiosi (cfr. PO 8,10; LG 28; CD 28; PDV 31-32,74). «La incardinazione non si esaurisce in un vincolo puramente giuridico, ma comporta anche una serie di atteggiamenti e di scelte spirituali e pastorali, che contribuiscono a conferire una fisionomia specifica alla figura vocazionale del presbitero» (PDV 31; cfr 32,74; Dir 14,16).

 

     I sacerdoti diocesani (secolari), per il fatto di essere «incardinati in una Chie­sa particolare o assegnati a essa, si consacrano completamente al suo servizio per pascere una porzione del gregge del Signore» (CD 28; cfr. can. 265ss.). I sacer­doti religiosi, o di istituti di vita consacrata, servono alla stessa Chiesa con i ca­rismi della loro istituzione e quindi con una vera spiritualità diocesana.

 

 

3. SPIRITUALITA DEL SACERDOTE DIOCESANO

 

     Il vescovo con tutti i suoi presbiteri e diaconi (Presbiterio) trovano la sua identità e la sua spiritualità specifica diventando testimoni, promotori e custodi di una storia di grazia e di una eredità apostolica in una chiesa particolare, che appartiene al patrimonio della Chiesa universale.

 

     La fisionomia del sacerdote diocesano è stata presentata con chiarezza dai documenti conciliari e postconciliari, a modo di attualizzazione dei testi evangelici sulla figura del Buon Pastore e sullo stile di vita degli Apostoli. Questa realtà ecclesiale è la voce dello Spirito Santo oggi  che chiama a costruire e a vivere la figura sacerdotale nel Presbiterio diocesano del terzo millennio del cristianesimo. Vedere specialmente: "Lumen Gentium" (LG) cap. III, "Presbyterorum Ordinis" (PO) nn.7-9, "Pastores dabo vobis" (PDV) nn.31-32, 74; "Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri" (Dir) nn.25-29.

 

     E' urgente presentare questa dottrina attuata in persone singole e fraternità sacerdotali, allo scopo di far vedere la possibilità effettiva della spiritualità specifica del sacerdote diocesano. Ed è anche urgente saper contagiare di questo ideale le nuove generazioni vocazionali (specialmente nei Seminari diocesani) sulla mistica e spiritualità del sacerdote diocesano.

 

     Quando esiste la vera "fraternità sacerdotale" si mette in evidenza che è possibile costruire col proprio Vescovo la "fraternità sacramentale" del Presbiterio (PO 8; cfr. LG 28; PDV 17, 74), come "luogo privilegiato" nel quale il sacerdote (diocesano, secolare) "dovrebbe trovare i mezzi specifici di santificazione e di evangelizzazione" (Dir 27).

 

     Ecco le linee basilari che costituiscono la spiritualità specifica del sacerdote diocesano:

 

1ª) Essere segno personale, comunitario e sacramentale di Cristo, Buon Pastore, Capo, Sposo, Servo, Sacerdote e Vittima. Cfr. PO 12-18; PDV 27-30; Dir 57-67. Si partecipa al suo essere (consacrazione), si prolunga il suo agire (missione) e si fa trasparire il suo stile di vita (spiritualità). In questo modo si costruisce la comunità ecclesiale come comunione: prolungare la Parola del Signore, far presente il suo sacrificio e azione salvifica, attuare la sua azione pastorale di carità. Il sacerdote è segno trasparente della vita evangelica del Buon Pastore, il quale ha amato fino a "dare la vita" (carità pastorale) per poter dare se stesso (povertà), secondo i disegni del Padre (obbedienza) e come consorte e Sposo (verginità) (Gv 10; Mt 8,20; Gv 4,34; Mt 9,15). A questa vita sono stati chiamati gli Apostoli e i suoi successori, nella sequela evangelica radicale, in comunione fraterna con disponibilità missionaria (Mt 4,19ss; 19,27ss; Mc 3,14; PDV 15-16, 60), per poter condividere sponsalmente la stessa vita del Signore e diventare segno di come ha amato lui (Mc 10,38; PDV 22, 29; Gv 17,10; PDV 49). Per il fatto di partecipare al sacerdozio e alla missione di Cristo, come pure alla successione apostolica, essendo cooperatore diretto del Vescovo e incardinato nella Chiesa particolare, il sacerdote deve essere disponibile per la missione locale e universale (Mt 28,19-20; LG 28; PO 10; PDV 17, 32; Dir 45-56).

 

2ª) Il sacerdozio vissuto nel Presbiterio ha le caratteristiche di "intima fraternità" postulata dal sacramento dell'Ordine (LG 28). E' quindi "fraternità sacramentale" (PO 8), segno efficace di santificazione e di evangelizzazione. Di conseguenza, il Presbiterio è "mysterium" e una "realtà soprannaturale" (PDV 74) che conferisce alla spiritualità sacerdotale il senso di appartenenza ad una "famiglia sacerdotale" (CD 28; PDV 74), come "luogo privilegiato" dove il sacerdote "dovrebbe trovare i mezzi specifici di santificazione e di evangelizzazione" (Dir 27).

 

3ª) La missione e spiritualità sacerdotale diocesana viene vissuta necessariamente in rapporto di dipendenza familiare col  carisma episcopale (PO 7; PDV 31, 74). I sacerdoti sono "collaboratori e consiglieri necessari" del Vescovo (PO 7; Dir 22, 62). Con lui ma in grado inferiore, partecipano alla successione apostolica dei Dodici (PDV 15-16, 60). Per ciò l'attuazione del carisma episcopale è imprescindibile, non soltanto per le questioni amministrative e pastorali, ma principalmente nel campo della spiritualità specifica (CD 15-16, 28). Senza di quest'attuazione episcopale, non sarebbe possibile la costruzione del Presbiterio tale quale viene descritto dai Santi Padri e dai documenti conciliari e postconciliari (PDV 79) (Cfr. Lettere di S. Ignazio di Antioquia: Ad Ephesios II, IV 1-2; Ad Magnesios II, III 1-2; Ad Trallenses II 1-2; III 1 ecc.).

 

4ª) Il sacerdote diocesano, per il fatto dell'incardinazione, appartiene permanentemente alla Chiesa particolare. E' quindi al servizio della Chiesa lì dove viene concretizzata e guidata sotto la direzione di un successore degli Apostoli in comunione col Romano Pontefice (CD 11; LG 28). L'appartenenza stabile alla Chiesa particolare ha come conseguenza una speciale responsabilità riguardo l'eredità apostolica, la storia di grazia e la collaborazione universale (PDV 31-32, 65, 74). Ogni sacerdote diocesano deve restare disponibile per la Chiesa universale, sempre in rapporto di dipendenza al proprio Vescovo (LG 28; PO 10; PDV 32; Dir 14-15).

 

     Questa diocesaneità non implica separazione ne privilegi riguardo le altre modalità di servire nella Chiesa particolare (che sono anche membri del Presbiterio in pieno diritto), ma ha un suo proprio cammino specifico di spiritualità e di missionarietà. Il sacerdote diocesano è al servizio di tutti i carismi e vocazioni, in comunione col Vescovo e in coordinamento con tutti i componenti del Popolo di Dio (PO 6, 9).

 

     Per il fatto di essere diocesano o secolare, il ministro "incardinato" nella diocesi ha una propria spiritualità specifica (secondo le linee sopra elencate), anche se non sempre ha necessariamente una spiritualità peculiare nel senso di ispirarsi in un carisma fondazionale (come è il caso dei religiosi e di altre istituzioni). Questa spiritualità sacerdotale specifica (che costituisce la propria identità) non è da mettere in dubbio ne deve essere presentata come rivendicazione ne può essere ridotta a discussione teorica di contrasto con altre spiritualità, ma si deve affermare per essere vissuta e comunicata specialmente ai futuri sacerdoti durante la formazione iniziale nei Seminari.

 

     La cura della vita sacerdotale è sempre in rapporto di dipendenza riguardo il carisma episcopale, e si concretizza nell'aiutare tutti i ministri in tutte le sue dimensioni. Di questa assistenza e aiuto ne è responsabile anche tutto il Presbiterio e tutta la comunità diocesana (PDV 76-78; Dir 81-97).

 

     La vita del Presbiterio si organizza secondo quattro livelli o dimensioni: umana, spirituale, intellettuale e pastorale (PDV 71-72). In questo modo si prende coscienza che nella propria Chiesa particolare si fa presente la realtà della Chiesa mistero, comunione e missione (PDV 73-75). Il progetto di vita che deve attuarsi in ogni Presbiterio, deve essere integrale e sistematico, abbracciando tutta la vita e ministero sacerdotale (PDV 3, 79; Dir 76, 86).

 

     Le fraternità e gruppi hanno lo scopo di "animare" il progetto del Presbiterio e di riempire lo spazio operativo che ancora rimane per l'iniziativa privata, la generosità evangelica e i mezzi concreti di vita sacerdotale. Le linee basilari di spiritualità e il progetto di vita nel Presbiterio hanno bisogno di mezzi personali e comunitari più concreti e più efficaci, adattati ai bisogni particolari.

 

     Questa concretizzazione, per quanto si riferisce ai ministri ordinati "diocesani" (incardinati nella diocesi), dovrà attuarsi nella stessa linea del carisma specifico: carità pastorale secondo lo stile evangelico degli Apostoli, rapporto con il carisma episcopale, appartenenza responsabile al Presbiterio, dedizione piena alla Chiesa particolare anche nella sua responsabilità missionaria universale... Riguardo gli altri ministri non incardinati nella diocesi, si dovrà far attenzione al proprio carisma fondazionale, religioso, associativo, ecc.

 

     1º) Progetto e impegni personali (PO 18; PDV V-VI; Dir 41-54, 68, 76, 81-86). Senza un progetto personale efficiente, il progetto comunitario non si metterà in pratica.

 

     2º) Progetto e impegni del gruppo o fraternità (PO 8, 17; PDV 17, 29, 31, 44, 50, 68, 74-81; Dir 28-29; can 278-280).

 

     3º) Diverse possibilità di vita in gruppo: modalità geografica: vicarie foranee, zone, vicinanza...;  modalità funzionale, secondo l'affinità di ministeri specializzati... ; modalità di amicizie: secondo gli anni di ordinazione, amicizia e affinità, gruppi spontanei...; modalità di collegamento: associazioni, movimenti, istituti, "comunità", vita consacrata...; modalità "carismatica" ispirata in una figura sacerdotale o spirituale...; altre modalità di iniziativa privata: consiglio spirituale e apostolico, revisione di vita in gruppo...; modalità di Unione Apostolica, come servizio associativo internazionale per lo scambio di esperienze di "Vita Apostolica" nel Presbiterio diocesano,

 

LINEE CONCLUSIVE:

 

     La spiritualità diocesana (della Chiesa particolare) si concretizza nel vivere (da parte di tutti i componenti: laici, religiosi, ministri ordinati) la storia di grazia e l'eredità apostolica della stessa Chiesa particolare, come missione "ad intra" e "ad extra". La missione "ad extra" mette in pratica la missionarietà della Chiesa particolare (diocesi). A questo scopo è necessaria una esperienza previa di costruzione della propria Chiesa particolare prima di andare a costruire le Chiese particolari più bisognose. La missione "ad gentes" non si svolgerà bene se i missionari non hanno una profonda spiritualità diocesana (in rapporto alla Chiesa particolare di origine e alla Chiesa particolare di arrivo).

 

     Il sacerdote diocesano ordinariamente si sente ancora spaesato in questo campo concreto della fraternità. Forse è questa una delle cause più importanti perché in alcune diocesi le vocazioni non siano ne abbondanti ne definite. In alcune Chiese particolari, in cui abbondano le vocazioni e dove i Seminari sono in crescita, i futuri sacerdoti si domandano sulla possibilità di vivere l'identità specifica del sacerdote diocesano (tale quale viene descritta in PO, PDV, Direttorio), nel suo Presbiterio e col suo Vescovo. Il fatto dell'esistenza di altre vie legittime e raccomandabili non scusa dall'urgenza di collaborare nella costruzione della propria via specifica.

 

     Il Presbiterio che susciti entusiasmo nei sacerdoti attuali e in quelli del futuro, si deve costruire come "famiglia sacerdotale" (PDV 74; CD 28), composta da sacerdoti e diaconi appassionati di Cristo, e da piccole fraternità o di gruppi e cenacoli (secondo zone geografiche, funzione ministeriale, amicizia, ecc.), nella messa in pratica di un progetto di vita concreto e chiaro.

 

     Teologicamente è necessaria l'azione concreta (paterna e fraterna) del proprio Vescovo, che si deve domandare e seguire. I presbiteri e i diaconi specialmente hanno bisogno dell'attuazione del carisma episcopale, fino a sentirlo vicino, pienamente impegnato e condividendo la stessa sorte (umana spirituale, intellettuale e pastorale) nel Presbiterio della Chiesa particolare.

 

Juan Esquerda Bifet. Pontificia Università Urbaniana. Roma.


(ALLEGATO)

 

Selezione bibliografica: CHIESA PARTICOLARE

 

G. COLZANI, Chiesa particolare e comunione, in: La Chiesa mistero di comunione per la missione, Urbaniana University Press 1997, 19-26; Y.M. CONGAR, Théologie de l'Église particulière, Mission sans frontières, Paris 1960; (CONGREGAZIONE PER L'EVANG. DEI POPOLI), Rapporti tra la Chiesa universale e le Chiese particolari (Direttive approv. Plenaria 30 marzo - 2 aprile 1971): Ench. Vaticanum 4, 665-677; J. ESQUERDA BIFET, El sacerdocio ministerial en la iglesia particular, «Salmanticensis» 14 (1967) 309‑340; L.A. GALLO, Missione, Chiese locali, comunità di base, in: La missione del Redentore, ELLE DI CI, Leumann-Torino 1992, 227-246; H.M. LEGRAND, Nature de l'Église particulière et rôle de l'Evêque dans l'Église, in: La Charge pastorale des Evêques, Paris 1969; H. De LUBAC, Pluralismo di Chiese o unità della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1973; M. MARIOTTI, Apostolicità e missione nella chiesa particolare, Roma 1965; M. Da MEMBRO, Inserimento dell'attivitá missionaria della Chiesa universale nelle chiese particolari, «Euntes Docete» 24 (1971) 291-328; W. ONCLIN, Les Evêques et l'Église universelle, in: La Charge pastorale des Evêques, Paris 1979, 87-101; X. SEUMOIS, Les églises particulières, in: L'activité missionaire de l'Église, Paris 1967, 281‑299; A. TANASINI, La Chiesa particolare e la missione, in: AA.VV., Chiesa sempre missionaria, Fac. Teol. Italia Settentrionale, Genova 1992, 215-250; A. TEPE, Il sacerdote, uomo di Dio al servizio della Chiesa, Città Nuova, Roma 1988; J.M.R. TILLARD, Église d'Églises, écclésiologie de communion, Paris, Cerf 1987; S.J. UKPONG, The local Church and missionary consciousness, in: Portare Cristo all'uomo, Pont. Univ. Urbaniana, Roma 1985, II, 559-578; R. ZECCHIN, I sacerdoti fidei donum, una maturazione storica ed ecclesiale della misionarietà della Chiesa, Pont. Opere Missionarie, Roma 1990; A.Mª ZULUETA, Vaticano II e Iglesia local, Desclée, Bilbao 1994.


Selezione bibliografica: SACERDOTE DIOCESANO

 

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(SINTESI) SPIRITUALITA DEL SACERDOTE DIOCESANO

 

     Il vescovo con tutti i suoi presbiteri e diaconi (Presbiterio) trovano la sua identità e la sua spiritualità specifica diventando testimoni, promotori e custodi di una storia di grazia e di una eredità apostolica in una chiesa particolare, che appartiene al patrimonio della Chiesa universale.

 

     La fisionomia del sacerdote diocesano è stata presentata con chiarezza dai documenti conciliari e postconciliari, a modo di attualizzazione dei testi evangelici sulla figura del Buon Pastore e sullo stile di vita degli Apostoli. Questa realtà ecclesiale è la voce dello Spirito Santo oggi  che chiama a costruire e a vivere la figura sacerdotale nel Presbiterio diocesano del terzo millennio del cristianesimo. Vedere specialmente: "Lumen Gentium" (LG) cap. III, "Presbyterorum Ordinis" (PO) nn.7-9, "Pastores dabo vobis" (PDV) nn.31-32, 74; "Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri" (Dir) nn.25-29.

 

     E' urgente presentare questa dottrina attuata in persone singole e fraternità sacerdotali, allo scopo di far vedere la possibilità effettiva della spiritualità specifica del sacerdote diocesano. Ed è anche urgente saper contagiare di questo ideale le nuove generazioni vocazionali (specialmente nei Seminari diocesani) sulla mistica e spiritualità del sacerdote diocesano.

 

     Quando esiste la vera "fraternità sacerdotale" si mette in evidenza che è possibile costruire col proprio Vescovo la "fraternità sacramentale" del Presbiterio (PO 8; cfr. LG 28; PDV 17, 74), come "luogo privilegiato" nel quale il sacerdote (diocesano, secolare) "dovrebbe trovare i mezzi specifici di santificazione e di evangelizzazione" (Dir 27).

 

     Ecco le linee basilari che costituiscono la spiritualità specifica del sacerdote diocesano:

 

1ª) Essere segno personale, comunitario e sacramentale di Cristo, Buon Pastore, Capo, Sposo, Servo, Sacerdote e Vittima. Cfr. PO 12-18; PDV 27-30; Dir 57-67. Si partecipa al suo essere (consacrazione), si prolunga il suo agire (missione) e si fa trasparire il suo stile di vita (spiritualità). In questo modo si costruisce la comunità ecclesiale come comunione: prolungare la Parola del Signore, far presente il suo sacrificio e azione salvifica, attuare la sua azione pastorale di carità. Il sacerdote è segno trasparente della vita evangelica del Buon Pastore, il quale ha amato fino a "dare la vita" (carità pastorale) per poter dare se stesso (povertà), secondo i disegni del Padre (obbedienza) e come consorte e Sposo (verginità) (Gv 10; Mt 8,20; Gv 4,34; Mt 9,15). A questa vita sono stati chiamati gli Apostoli e i suoi successori, nella sequela evangelica radicale, in comunione fraterna con disponibilità missionaria (Mt 4,19ss; 19,27ss; Mc 3,14; PDV 15-16, 60), per poter condividere sponsalmente la stessa vita del Signore e diventare segno di come ha amato lui (Mc 10,38; PDV 22, 29; Gv 17,10; PDV 49). Per il fatto di partecipare al sacerdozio e alla missione di Cristo, come pure alla successione apostolica, essendo cooperatore diretto del Vescovo e incardinato nella Chiesa particolare, il sacerdote deve essere disponibile per la missione locale e universale (Mt 28,19-20; LG 28; PO 10; PDV 17, 32; Dir 45-56).

 

2ª) Il sacerdozio vissuto nel Presbiterio ha le caratteristiche di "intima fraternità" postulata dal sacramento dell'Ordine (LG 28). E' quindi "fraternità sacramentale" (PO 8), segno efficace di santificazione e di evangelizzazione. Di conseguenza, il Presbiterio è "mysterium" e una "realtà soprannaturale" (PDV 74) che conferisce alla spiritualità sacerdotale il senso di appartenenza ad una "famiglia sacerdotale" (CD 28; PDV 74), come "luogo privilegiato" dove il sacerdote "dovrebbe trovare i mezzi specifici di santificazione e di evangelizzazione" (Dir 27).

 

3ª) La missione e spiritualità sacerdotale diocesana viene vissuta necessariamente in rapporto di dipendenza familiare col  carisma episcopale (PO 7; PDV 31, 74). I sacerdoti sono "collaboratori e consiglieri necessari" del Vescovo (PO 7; Dir 22, 62). Con lui ma in grado inferiore, partecipano alla successione apostolica dei Dodici (PDV 15-16, 60). Per ciò l'attuazione del carisma episcopale è imprescindibile, non soltanto per le questioni amministrative e pastorali, ma principalmente nel campo della spiritualità specifica (CD 15-16, 28). Senza di quest'attuazione episcopale, non sarebbe possibile la costruzione del Presbiterio tale quale viene descritto dai Santi Padri e dai documenti conciliari e postconciliari (PDV 79) (Cfr. Lettere di S. Ignazio di Antioquia: Ad Ephesios II, IV 1-2; Ad Magnesios II, III 1-2; Ad Trallenses II 1-2; III 1 ecc.).

 

4ª) Il sacerdote diocesano, per il fatto dell'incardinazione, appartiene permanentemente alla Chiesa particolare. E' quindi al servizio della Chiesa lì dove viene concretizzata e guidata sotto la direzione di un successore degli Apostoli in comunione col Romano Pontefice (CD 11; LG 28). L'appartenenza stabile alla Chiesa particolare ha come conseguenza una speciale responsabilità riguardo l'eredità apostolica, la storia di grazia e la collaborazione universale (PDV 31-32, 65, 74). Ogni sacerdote diocesano deve restare disponibile per la Chiesa universale, sempre in rapporto di dipendenza al proprio Vescovo (LG 28; PO 10; PDV 32; Dir 14-15).

 

     Questa diocesaneità non implica separazione ne privilegi riguardo le altre modalità di servire nella Chiesa particolare (che sono anche membri del Presbiterio in pieno diritto), ma ha un suo proprio cammino specifico di spiritualità e di missionarietà. Il sacerdote diocesano è al servizio di tutti i carismi e vocazioni, in comunione col Vescovo e in coordinamento con tutti i componenti del Popolo di Dio (PO 6, 9).

 

     Per il fatto di essere diocesano o secolare, il ministro "incardinato" nella diocesi ha una propria spiritualità specifica (secondo le linee sopra elencate), anche se non sempre ha necessariamente una spiritualità peculiare nel senso di ispirarsi in un carisma fondazionale (come è il caso dei religiosi e di altre istituzioni). Questa spiritualità sacerdotale specifica (che costituisce la propria identità) non è da mettere in dubbio ne deve essere presentata come rivendicazione ne può essere ridotta a discussione teorica di contrasto con altre spiritualità, ma si deve affermare per essere vissuta e comunicata specialmente ai futuri sacerdoti durante la formazione iniziale nei Seminari.

 

     La cura della vita sacerdotale è sempre in rapporto di dipendenza riguardo il carisma episcopale, e si concretizza nell'aiutare tutti i ministri in tutte le sue dimensioni. Di questa assistenza e aiuto ne è responsabile anche tutto il Presbiterio e tutta la comunità diocesana (PDV 76-78; Dir 81-97).

 

     La vita del Presbiterio si organizza secondo quattro livelli o dimensioni: umana, spirituale, intellettuale e pastorale (PDV 71-72). In questo modo si prende coscienza che nella propria Chiesa particolare si fa presente la realtà della Chiesa mistero, comunione e missione (PDV 73-75). Il progetto di vita che deve attuarsi in ogni Presbiterio, deve essere integrale e sistematico, abbracciando tutta la vita e ministero sacerdotale (PDV 3, 79; Dir 76, 86).

 

     Le fraternità e gruppi hanno lo scopo di "animare" il progetto del Presbiterio e di riempire lo spazio operativo che ancora rimane per l'iniziativa privata, la generosità evangelica e i mezzi concreti di vita sacerdotale. Le linee basilari di spiritualità e il progetto di vita nel Presbiterio hanno bisogno di mezzi personali e comunitari più concreti e più efficaci, adattati ai bisogni particolari.

 

     Questa concretizzazione, per quanto si riferisce ai ministri ordinati "diocesani" (incardinati nella diocesi), dovrà attuarsi nella stessa linea del carisma specifico: carità pastorale secondo lo stile evangelico degli Apostoli, rapporto con il carisma episcopale, appartenenza responsabile al Presbiterio, dedizione piena alla Chiesa particolare anche nella sua responsabilità missionaria universale... Riguardo gli altri ministri non incardinati nella diocesi, si dovrà far attenzione al proprio carisma fondazionale, religioso, associativo, ecc.

 

     1º) Progetto e impegni personali (PO 18; PDV V-VI; Dir 41-54, 68, 76, 81-86). Senza un progetto personale efficiente, il progetto comunitario non si metterà in pratica.

 

     2º) Progetto e impegni del gruppo o fraternità (PO 8, 17; PDV 17, 29, 31, 44, 50, 68, 74-81; Dir 28-29; can 278-280).

 

     3º) Diverse possibilità di vita in gruppo: modalità geografica: vicarie foranee, zone, vicinanza...;  modalità funzionale, secondo l'affinità di ministeri specializzati... ; modalità di amicizie: secondo gli anni di ordinazione, amicizia e affinità, gruppi spontanei...; modalità di collegamento: associazioni, movimenti, istituti, "comunità", vita consacrata...; modalità "carismatica" ispirata in una figura sacerdotale o spirituale...; altre modalità di iniziativa privata: consiglio spirituale e apostolico, revisione di vita in gruppo...; modalità di Unione Apostolica, come servizio associativo internazionale per lo scambio di esperienze di "Vita Apostolica" nel Presbiterio diocesano,

 

LINEE CONCLUSIVE:

 

     Il sacerdote diocesano ordinariamente si sente ancora spaesato in questo campo concreto della fraternità. Forse è questa una delle cause più importanti perché in alcune diocesi le vocazioni non siano ne abbondanti ne definite. In alcune Chiese particolari, in cui abbondano le vocazioni e dove i Seminari sono in crescita, i futuri sacerdoti si domandano sulla possibilità di vivere l'identità specifica del sacerdote diocesano (tale quale viene descritta in PO, PDV, Direttorio), nel suo Presbiterio e col suo Vescovo. Il fatto dell'esistenza di altre vie legittime e raccomandabili non scusa dall'urgenza di collaborare nella costruzione della propria via specifica.

 

     Il Presbiterio che susciti entusiasmo nei sacerdoti attuali e in quelli del futuro, si deve costruire come "famiglia sacerdotale" (PDV 74; CD 28), composta da sacerdoti e diaconi appassionati di Cristo, e da piccole fraternità o di gruppi e cenacoli (secondo zone geografiche, funzione ministeriale, amicizia, ecc.), nella messa in pratica di un progetto di vita concreto e chiaro.

 

     Teologicamente è necessaria l'azione concreta (paterna e fraterna) del proprio Vescovo, che si deve domandare e seguire. I presbiteri e i diaconi specialmente hanno bisogno dell'attuazione del carisma episcopale, fino a sentirlo vicino, pienamente impegnato e condividendo la stessa sorte (umana spirituale, intellettuale e pastorale) nel Presbiterio della Chiesa particolare.

 

Juan Esquerda Bifet. Pontificia Università Urbaniana. Roma.

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