Lunes, 11 Abril 2022 09:15

LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE: TEOLOGIA DEL PRESBYTERIUM

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          LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE: TEOLOGIA DEL PRESBYTERIUM

 

                                                   (Prof. J. Esquerda Bifet)

 

 

I. LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE CON IL PAPA E CON I VESCOVI

 

1. Il sacerdozio ministeriale nella comunione della Chiesa, universale e particolare.

 

2. La comunione col carisma del successore di Pietro e dei successori degli Apostoli.

 

3. La partecipazione del presbitero alla successione apostolica.

 

 

II. LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE CON IL PROPIO VESCOVO

 

1. Collaboratore del Vescovo al servizio della Chiesa particolare e universale.

 

2. L'obbedienza e il rapporto spirituale e pastorale col carisma episcopale (CD 16; PO 7).

 

3. Comunione e diocesaneità.

 

 

III. LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE NEL PRESBITERIUM, CON I RELIGIOSI E I LAICI

 

1. Il Presbyterium come "mysterium", "famiglia", "fraternità sacramentale" (PO 8; LG 28; PDV 74). Nella comunione col successore di Pietro e con il proprio Vescovo.

 

2. La costruzione del Presbyterium nella fraternità. Il Presbyterium luogo di santificazione e di amicizia sacerdotale (LG 28; PO 8; Dir. 27-29).

 

3. Il "progetto" di vita personale e comunitaria (PDV 79).

 

4. Comunione con i religiosi e laici

 

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Bibliografia: C. BERTOLA, La fraternità sacramentale dei presbiteri, Diss. Univ. Gregoriana 1994; E. CASTELLUCCI, Dimensione cristologica ed ecclesiologica del presbiterato, Diss. Univ. Gregoriana 1988; A. CATTANEO, Il Presbiterio dlle Chiesa particolare, Milano, Edit. Giuffré 1993; J. ESQUERDA BIFET, Spiritualità e missione dei presbiteri, Segni del Buon Pastore, PIEMME 1990, cap. VI-VII; A. FAVALE, Il ministero presbiterale. Aspetti dottrinali, pastorali, spirituali, Roma, LAS 1989, cap. VIII. Vedere: "Sacrum Ministerium" nn.1-2 (1995) (commenti a PDV).

 

I. LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE CON IL PAPA E CON I VESCOVI

 

1. Il sacerdozio ministeriale nella comunione della Chiesa, universale e particolare.

 

      La Chiesa, a cui serve il sacerdote ministro, è mistero di comunione, cioè, "un popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (LG 4). E' quindi la Chiesa che riflette il mistero della Trinità: nello Spirito, per Cristo, al Padre (cfr. Ef 2, 18).

 

      Alcuni titoli biblici sulla Chiesa indicano questa sua natura di comunione: corpo, popolo, tempio, sacramento... La diversità di carismi, vocazioni e ministeri fa sempre riferimento a Cristo Capo della Chiesa e all'unico Spirito. E' dunque una diversità che, nella carità (agape), costruisce la comunione (coinonia). "Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore" (1Cor 12, 4-5). L'armonia della comunione ecclesiale suppone il servizio apostolico: "edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo como pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (Ef 2, 20).

 

      Per il fatto di essere "sacramento", la Chiesa  è "il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). L'efficacia evangelizzatrice della Chiesa dipende dal suo grado di comunione: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35). L'unità tra gli apostoli diventa anche un segno efficace dell'evangelizzazione, in modo di far diventare credibile la persona e il messaggio di Gesù: "Come tu, Padre, in me e io in te, siano anch'essi in noi un cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21).

 

      La sintonia del sacerdote (e del cristiano) con Cristo si traduce spontaneamente in amore alla Chiesa: "Amò la Chiesa e consegnò se stesso in sacrificio per lei" (Ef 5,25). "La fedeltà a Cristo non può essere separata dalla fedeltà alla Chiesa" (PO 14).

 

      Vivere il mistero di Cristo prolungato nella Chiesa (Chiesa mistero) è il punto di partenza per costruire la comunità nell'amore (Chiesa comunione) e per garantire l'esercizio della missione (Chiesa missione).

 

      Il servizio ecclesiale del sacerdote ministro si rende concreto in una comunità o Chiesa particolare, presieduta da un Vescovo, successore degli Apostoli e in comunione col successore di Pietro e con la Collegialità Episcopale: "la diocesi è una porzione del popolo di dio che viene affidata al Vescovo per essere guidata con la cooperazione del suo Presbiterio"... (CD 11; can. 369).

 

      La spiritualità sacerdotale esige un rapporto stretto con la maternità della Chiesa. Questa si fa concreta soprattutto attraverso i ministeri esercitati dal sacerdote (cfr. PO 6; LG 64-65). Senso e amore di Chiesa è, dunque: guardarla con gli occhi della fede e con i sentimenti di Cristo; apprezzarla nelle sue persone e segni ecclesiali, carismi, vocazioni e ministeri; amarla con spirito di dedizione.

 

      La disponibilità missionaria universale del sacerdote è una conseguenza dal vivere nella comunione di Chiesa. Questa disponibilità scaturisce da:

 

      - la partecipazione allo stesso sacerdozio e missione di Cristo,

      - la natura missionaria della Chiesa particolare in cui serve o è incardinato,

      - la stretta collaborazione con il carisma episcopale e con la sua responsabilità missionaria (cfr. LG 28; PO 10; AG 20,36-37; EN 68; RMi 61-68; PDV 16-18, 31-32; Dir 14-15)

 

      "Il sacerdote... è ordinato non solo alla Chiesa particolare, ma anche alla Chiesa universale (cfr. PO, 10), in comunione con il vescovo, con Pietro e sotto Pietro. Mediante il sacerdozio del Vescovo, il sacerdozio di secondo ordine è incorporato nella struttura apostolica della Chiesa. Così il presbitero come gli apostoli funge da ambasciatore per Cristo (cfr. 2Cor 5,20). In questo si fonda l'indole missionaria di ogni sacerdote"(PDV 16)

 

      La formazione sacerdotale alla comunione farà attenzione speciale ad alcuni indirizzi basilari, per viverla personalmente e costruirla per mezzo del servizio ministeriale:

 

      1)    Il senso e amore di Chiesa si manifesta nel vivere affettivamente ed effettivamente il suo mistero di comunione: col successore di Pietro, con il proprio Vescovo, nel proprio Presbiterio, a servizio della comunità ecclesiale locale e universale.

 

      2)    La comunione della comunità si costruisce nell'armonia di vocazioni, carismi e ministeri. Il servizio sacerdotale è garanzia di equilibrio tra queste manifestazioni di grazia. Questo equilibrio non sarà possibile senza l'"unità di vita" (PO 14) nel proprio cuore, con i fratelli, con il cosmo e principalmente con Dio.

 

      3)    La generosità evangelica nella "sequela" di Cristo (PO 15-17) e la disponibilità missionaria (PO 10) non sarebbero possibili senza una qualche prassi di fraternità o vita "comunitaria".

 

      4)    La formazione per vivere la fraternità nel Presbiterio comincia nel Seminario suscitando lo spirito comunitario: lavoro di "équipe" nella preparazione delle celebrazioni liturgiche, nello studio (senza tralasciare lo studio personale), nell'apostolato, nella stessa vita interna nel Seminario. Il canone 245, par. 2 del nuovo Codice invita a questa preparazione: "Mediante la vita comune del Seminario e l'esercizio di un rapporto di amicizia e familiarità con gli altri, si dispongano alla fraterna unione con il Presbiterio diocesano, di cui faranno parte per il servizio della Chiesa".

 

 

2. La comunione col carisma del successore di Pietro e con i successori i degli Apostoli.

 

      I preti, vivendo in comunione sacramentale e pastorale con il proprio Vescovo, si inseriscono nella comunione del corpo episcopale, unito al Successore di Pietro, Pastore di tutta la Chiesa, di cui è "il perpetuo e visibile principio e fondamento" (LG 23).

 

      Servitori di Cristo Maestro, Sacerdote (santificatore) e Pastore, agiscono secondo la volontà di Cristo e della Chiesa, sotto la guida del Romano Pontefice e del Corpo Episcopale. "I presbiteri... dipendono dai vescovi nell'esercizio della loro potestà... Tutti i sacerdoti, sia diocesani che religiosi, sono associati al corpo episcopale e, secondo la loro vocazione e la loro grazia, servono al bene di tutta la Chiesa" (LG 28)

 

      I Vescovi partecipano al sacerdozio ministeriale in pienezza (LG 21). I presbiteri partecipano allo stesso sacerdozio "in grado subordinato", come "collaboratori" e "aiuto e strumento" (LG 28). Si attua la convergenza di doni diversi (o degli stessi doni in grado diverso) nella comunione gerarchica. "Tutti i presbiteri, assieme ai Vescovi, partecipano in tal modo dello stesso e unico sacerdozio di Cristo, che la stessa unità di consacrazione e missione esige la comunione gerarchica dei presbiteri con l'ordine dei Vescovi" (PO 7).

 

      La comunione col proprio Vescovo e nel proprio Presbiterio (oltre ad altre espressioni di fraternità forse più associativa o religiosa) ha lo scopo di servire la comunione nella comunità ecclesiale. In questo senso, i sacerdoti sono in modo particolare "artefici di unità" (EN 77). Infatti, essi in collaborazione con i Vescovi, come "visibile principio e fondamento dell'unità  nelle loro Chiese particolari" (LG 23), sempre in comunione col successore di Pietro, costruiscono la comunità ecclesiale nella comunione. "I presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti all'unità della carità... A loro spetta quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo. Essi sono i difensori del bene comune, che tutelano a nome del Vescovo" (PO 9). I ministri ordinati sono sempre, in stretta collaborazione col proprio Vescovo, come successore degli Apostoli, custodi dell'unità e di una eredità apostolica nella Chiesa particolare.

 

      La formazione sacerdotale, sin dall'inizio, deve avere questa impostazione: "Gli alunni siano penetrati del mistero della Chiesa, che questo sacro Concilio ha principalmente illustrato, in maniera che, uniti in umile e filiale amore al Vicario di Cristo e, diventati sacerdoti, aderendo al proprio Vescovo come fedeli collaboratori ed aiutando i propri confratelli, sappiano dare testimonianza di quell'unità con cui gli uomini vengono attirati a Cristo. Con animo aperto imparino a partecipare alla vita di tutta la Chiesa, secondo l'espressione di S. Agostino: 'Ognuno possiede lo Spirito Santo tanto quanto ama la Chiesa di Dio'... Con particolare sollecitudine vengano educati alla obbedienza sacerdotale" (OT 9).

 

 

3. La partecipazione del presbitero alla successione apostolica.

 

      I presbiteri hanno uno stretto legame con la missione degli Apostoli, in grado subordinato ai Vescovi (insegnare, santificare, governare). "Gli apostoli costituiti dal Signore assolveranno via via alla loro missione chiamando, in forme diverse ma alla fine convergenti, altri uomini, come Vescovi come presbiteri e come diaconi, per adempiere al mandato di Gesù risorto che li ha mandati a tutti gli uomini di tutti i tempi. Il Nuovo Testamento è unanime nel sottolineare che è lo stesso Spirito di Cristo a introdurre nel ministero questi uomini, scelti di mezzo ai fratelli. Attraverso il gesto dell'imposizione delle mani (cfr. At 6, 6; 1 Tim 4, 14; 5, 22; 2 Tim 1, 6), che trasmette il dono dello Spirito, essi sono chiamati e abilitati a continuare lo stesso ministero di riconciliare, di pascere il gregge di Dio e di insegnare (cfr. At 20, 28; 1 Pt 5, 2)" (PDV 15)

 

      La consapevolezza di questo rapporto riguardo alla successione apostolica (in grado subordinato), fondamenta le esigenze della "apostolica vivendi forma" in ogni Presbiterio. "Il ministero ordinato sorge dunque con la Chiesa ed ha nei Vescovi, e in riferimento e comunione con essi nei presbiteri, un particolare rapporto al ministero originario degli apostoli, al quale realmente «succede», anche se rispetto ad esso assume modalità diverse di esistenza" (PDV 16).

 

      Questa formazione alla "apostolica vivendi forma" dovrà cominciare sin dal Seminario: "Il seminario si presenta sì come un tempo e uno spazio; ma si presenta soprattutto come una comunità educativa in cammino: è la comunità promossa dal Vescovo per offrire a chi è chiamato dal Signore a servire come gli apostoli la possibilità di rivivere l'esperienza formativa che il Signore ha riservato ai Dodici. In realtà, una prolungata e intima consuetudine di vita con Gesù viene presentata nei Vangeli come necessaria premessa al ministero apostolico. Essa richiede ai Dodici di realizzare in modo particolarmente chiaro e specifico il distacco, in qualche misura proposto a tutti i discepoli, dall'ambiente di origine, dal lavoro consueto, dagli affetti anche più cari (cfr. Mc 1, 16-20; 10, 28; Lc 9, 23.57-62; 14, 25-27)... L'identità profonda del seminario è di essere, a suo modo, una continuazione nella Chiesa della comunità apostolica stretta intorno a Gesù, in ascolto della sua Parola, in cammino verso l'esperienza della Pasqua, in attesa del dono dello Spirito per la missione" (PDV 60).

 

II. LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE CON IL PROPIO VESCOVO

 

1. Collaboratore del Vescovo al servizio della Chiesa particolare e universale.

 

      Il servizio ministeriale nella Chiesa particolare è svolto da: il Vescovo, i presbiteri, i diaconi. I Vescovi, "scelti dallo Spirito Santo, occupano il posto degli Apostoli come pastori d'anime" (CD 2) e "sono succeduti per istituzione divina, agli Apostoli come pastori della Chiesa" (LG 20). "I Vescovi, grazie al dono dello Spirito Santo che è concesso ai presbiteri nella sacra ordinazione, hanno in essi dei necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire, santificare e governare il popolo di Dio" (PO 7).

 

      Il rapporto col Vescovo, per mezzo dell'Ordinazione, è il primo rapporto comunionale che il presbitero contrae nella Chiesa. Questo rapporto col proprio Vescovo è una realtà di grazia, che scaturisce dal sacramento dell'Ordine. Si partecipa al sacerdozio di Cristo, mediante el sacramento conferito dal Vescovo; questa realtà sacerdotale si attua legittimamente con la missione del Vescovo. E' funzione subordinata di cooperazione.

 

      I presbiteri partecipano nello stesso sacerdozio di Cristo, anche se in grado minore e subordinato del Vescovo, come "collaboratori dell'ordine episcopale per realizzare la missione apostolica affidata da Cristo" (PO 2). Di per sé, sono "necessari collaboratori e consiglieri dei Vescovi nel ministero di insegnare, di santificare e di pascere il popolo di Dio" (PO 7). "Costituiscono, insieme al Vescovo, un unico Presbiterio" (LG 28). Sono la proiezione del Vescovo nella comunità (cfr. LG 28).

 

      Il servizio sacerdotale nella comunità è servizio di comunione. La comunione col proprio Vescovo si traduce in stretta collaborazione. Questa "comune partecipazione nel medesimo sacerdozio e ministro" comporta da parte dei Vescovi, "la grave responsabilità della santità dei loro sacerdoti; essi devono per tanto prendersi cura con la massima serietà della formazione permanente del proprio Presbiterio" (PO 7). Ma da parte dei presbiteri, la comunione esige essere "uniti al loro Vescovo con sincera carità e obbedienza... Nessun presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano l a Chiesa" (ibidem). La massima espressione di questa comunione avviene nell'ordinazione e nella concelebrazione presieduta dal Vescovo (cfr. PO 7).

 

2. L'obbedienza e il rapporto spirituale e pastorale col carisma episcopale.

 

      L'obbedienza che deriva dalla carità pastorale ha le seguenti caratteristiche: "apostolica" ("comunione con il sommo Pontefice e con il Collegio episcopale, in particolare con il proprio Vescovo diocesano"), "comunitaria" ("profondamente inserita nell'unità del presbiterio"), "pastorale" (come "disponibilità" per la missione) (PDV 28; cfr. PO 15). Questa obbedienza sarà meglio compresa se si presenta nel contesto di accettare gioiosamente il "carisma" episcopale sia per il ministero che per la propria santificazione (cfr PO 7; CD 16). Si tratta di comunione di fede e di ministero.

 

      "Il ministero ordinato, in forza della sua stessa natura, può essere adempiuto solo in quanto il presbitero è unito con Cristo mediante l'inserimento sacramentale nell'ordine presbiterale e quindi in quanto è nella comunione gerarchica con il proprio Vescovo. Il ministero ordinato ha una radicale «forma comunitaria» e può essere assolto solo come «un'opera collettiva».Il ministero dei presbiteri è innanzi tutto comunione e collaborazione responsabile e necessaria al ministero del Vescovo, nella sollecitudine per la Chiesa universale e per le singole Chiese particolari, a servizio delle quali essi costituiscono con il Vescovo un unico presbiterio" (PDV 17)

 

      Il ministero e la vita dei presbiteri e diaconi richiede l'operato del carisma episcopale. Il Vescovo è capo della comunità sacerdotale, padre, fratello, amico, consigliere (LG 28; CD 28). E' lui che ha fatto da garante, dinanzi alla Chiesa, del fatto che i suoi sacerdoti e diaconi potranno vivere una vita evangelica e come famiglia sacerdotale nel Presbiterio e nella Chiesa particolare (cfr. CD 16; PO 7; Direttorio Pastorale dei Vescovi, parte 3ª, c.3).

 

      I Vescovi promuovono la santità dei presbiteri: "E' al vescovo, infatti, che incombe il primo luogo la grave responsabilità della santità dei loro sacerdoti; devono pertanto prendersi cura con la massima serietà della continua formazione del proprio presbiterio" (PO 7). "Trattino sempre con particolare carità i sacerdoti, perché essi assumono una parte dei loro ministeri... Dimostrino il più premuroso interessamento per le loro condizioni spirituali, intellettuali e materiali, affinché essi, con una vita santa e pia, possano esercitare il loro ministero fedelmente e fruttuosamente" (CD 16).

 

3. Comunione e diocesaneità.

 

      Le caratteristiche e specificità della santità e spiritualità sacerdotali si possono riassumere nelle seguenti: carità pastorale come configurazione a Cristo Capo, Pastore, Servo e Sposo, santificazione nell'esercizio del ministero, sequela evangelica concretizzata nei "consigli evangelici" come imitazione della "vita apostolica", appartenenza alla Chiesa particolare in unione col proprio Vescovo e con gli altri presbiteri del Presbiterio (questa appartenenza, confermata per mezzo dell'"incardinazione", è un fatto di grazia), disponibilità per la missione nella Chiesa particolare e universale. Si può essere "diocesano" secondo due modalità: come "incardinato" nella Chiesa particolare o come membro di una istituzione ecclesiale al servizio della Chiesa particolare (e.g. i religiosi e altri).

 

      Riguardo il sacerdote diocesano strettamente detto, questa realtà ha una speciale applicazione: "In questa prospettiva occorre considerare come valore spirituale del presbitero la sua appartenenza e la sua dedicazione alla Chiesa particolare... il rapporto con il Vescovo nell'unico presbiterio, la condivisione della sua sollecitudine ecclesiale, la dedicazione alla cura evangelica del Popolo di Dio nelle concrete condizioni storiche e ambientali della Chiesa particolare sono elementi dai quali non si può prescindere nel delineare la configurazione propria del sacerdote e della sua vita spirituale. In questo senso la incardinazione non si esaurisce in un vincolo puramente giuridico, ma comporta anche una serie di atteggiamenti e di scelte spirituali e pastorali, che contribuiscono a conferire una fisionomia specifica alla figura vocazionale del presbitero" (Dir. 31).

 

      Come custode di una eredità apostolica di grazia, il sacerdote farà attenzione alla realtà della Chiesa particolare: "Così pure esistono legittimamente in seno alla comunione della Chiesa, le Chiese particolari, con proprie tradizioni, rimanendo però integro il primato della cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale di carità (cfr S. Ignazio di A.)" (LG 13).

 

III. LA COMUNIONALITA' SACERDOTALE NEL PRESBITERIUM, CON I RELIGIOSI E I LAICI

 

1. Il Presbyterium come "mysterium", "famiglia", "fraternità sacramentale". Nella comunione col successore di Pietro e con il proprio Vescovo.

 

 

      Con il proprio Vescovo e con i diaconi, i sacerdoti fanno parte del Presbiterio come collegio ministeriale o segno collettivo di Cristo, che è "fraternità sacramentale" (PO 8), "una sola famiglia il cui padre è il Vescovo" (D 28). "I presbiteri... costituiscono con loro Vescovi un unico Presbiterio" (LG 28).

 

      Il mistero della Chiesa comunione si manifesta in modo particolare nella comunione o fraternità del Presbiterio: "Tutti i presbiteri, costituiti nell'ordine del presbiterato mediante l'ordinazione, sono uniti tra di loro da un'intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico Presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio Vescovo" (PO 8).

 

      L'espressione "fraternità sacramentale" indica nel contesto conciliare due aspetti: 1) è un'esigenza del sacramento dell'Ordine; 2) è un segno efficace come parte integrante della "sacramentalità" della Chiesa "sacramento". Il primo aspetto appare più chiaramente nel capitolo terzo della "Lumen Gentium": "In virtù della comune ordinazione e missione tutti i sacerdoti sono fra loro legati da un'intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale a materiale, pastorale e personale, nelle riunioni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità" (LG 28). Il secondo aspetto (segno efficace) scaturisce da tutto il contesto conciliare in cui emerge la realtà di "Chiesa sacramento" come "vessillo innalzato di fronte alle nazioni" (SC 2; cfr LG 1).

 

      Il documento di "Puebla" (CELAM) dice che questa fraternità sacerdotale nel Presbiterio "è un fatto evangelizzatore" (Puebla 663). "Christus Dominus", nel parlare di questa fraternità sottolinea l'aspetto familiare: "essi costituiscono un solo Presbiterio ed una sola famiglia, di cui il Vescovo è come il padre" (D 28).

 

      Non sarebbe possibile la comunità del Presbiterio senza il riferimento esplicito al Vescovo, come principio di unità, e senza la presenza attiva e responsabile del suo stesso carisma episcopale. Il Vescovo é il fondamento visibile di unità nella Chiesa particolare e nel suo Presbiterio (LG 23; cfr. PO 7-8).

 

      La preoccupazione del Vescovo per i sacerdoti, che si esprime condividendo con loro tutta la sua esistenza, è indispensabile per la costruzione della comunità e famiglia sacerdotale del Presbiterio (cfr. CD 15-16; LG 28). Da parte dei sacerdoti si richiede l'accettazione affettiva ed effettiva di tale impegno del carisma episcopale (cfr. PO 7):

 

      "All'interno della comunione ecclesiale, il sacerdote è chiamato in particolare a crescere, nella sua formazione permanente, nel e con il proprio Presbiterio unito al Vescovo. Il Presbiterio nella sua verità piena è un mysterium: infatti è una realtà soprannaturale perché si radica nel sacramento dell'Ordine. Questo è la sua fonte, la sua origine. È il «luogo» della sua nascita e della sua crescita. Infatti, «i presbiteri mediante il sacramento dell'Ordine sono collegati con un vincolo personale e indissolubile con Cristo unico sacerdote. L'ordine viene conferito ad essi come singoli, ma sono inseriti nella comunione del presbiterio congiunto con il Vescovo (cfr. LG 28; PO 7 e 8)» (PDV 74).

 

2. La costruzione del Presbyterium nella fraternità. Il Presbyterium luogo di santificazione, missione e di amicizia sacerdotale (LG 28; PO 8; Dir. 27-29).

 

      L'unità comunitaria del Presbiterio è un'esigenza dei carismi (carattere e grazia sacramentali) ricevuti nell'ordinazione. Al tempo stesso è una concretizzazione della sacramentalità della Chiesa: "che siano uno... affinché il mondo creda che mi hai inviato" (Gv 17,21-23). Si tratta di un'unità come esigenza e "in virtù della comune ordinazione sacra e della comune missione" (LG 28). A partire di questa realtà ecclesiale-sacramentale "tutti i presbiteri sono fra loro legati da un'intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e materiale, pastorale e personale, nelle riunioni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità" (LG 28).

 

      "La fisionomia del presbiterio è, dunque, quella di una vera famiglia, di una fraternità i cui legami non sono dalla carne e dal sangue, ma sono dalla grazia dell'Ordine: una grazia che assume ed eleva i rapporti umani, psicologici, affettivi, amicali e spirituali tra i sacerdoti; una grazia che si espande, penetra e si rivela e si concretizza nelle più varie forme di aiuto reciproco, non solo quelle spirituali ma anche quelle materiali. La fraternità presbiterale non esclude nessuno, ma può e deve avere le sue preferenze: sono quelle evangeliche, riservate a chi ha più grande bisogno di aiuto o di incoraggiamento" (PDV 74).

 

      Questo non sarà possibile senza un forte spirito comunitario da parte del sacerdote. "Quando Cristo istituì il sacerdozio ministeriale, gli diede una forma comunitaria... E' una delle esigenze della formazione sacerdotale che il Sinodo prenderà in considerazione... Essi devono agire da testimoni della carità di Cristo: e questa si esprime in particolare nelle buone relazioni che intrattengono tra di loro. Lo spirito di reciproco aiuto e di cooperazione deve animare il sacerdote nell'adempimento di tutti i suoi compiti ministeriali" (Giovanni Paolo, Alloc. domenicale durante la recita dell'Angelus, 25.2.90).

 

      Il concilio Vaticano II accenna spesso a questa vita "comunitaria": per vivere la responsabilità fraterna nel Presbiterio (PO 8), per la missione in altre Chiese più bisognose (PO 10), per vivere la povertà evangelica (PO 17), ecc.

 

      Nell'ambito della comunione ecclesiale, il Presbiterio della Chiesa particolare dovrà strutturarsi come famiglia e fraternità, dove il sacerdote deve trovare tutti i mezzi di santificazione e di evangelizzazione:  "E' all'interno del mistero della Chiesa, como mistero di comunione trinitaria in tensione missionaria, che si rivela ogni identità cristiana e, quindi, anche la specifica e personale identità del presbitero e del suo ministero" (Dir. 21). "Fraternità sacerdotale e appartenenza al Presbiterio sono elementi caratterizzanti il sacerdote" (Dir. 25; cfr. n. 27).

 

      Alla luce di queta unità si scopre la necessità di una vita fraterna e di un aiuto mutuo familiare, affinché si dia una vera pastorale d'insieme. Oltre le istituzioni di vita consacrata e gli istituti secolari e altri, esistono associazioni sacerdotali con le caratteristiche segnalate dal Magistero (PO 8; can. 278; PDV 31,81): approvazione da parte dell'autorità competente, ricerca della perfezione sacerdotale nell'esercizio del ministero, una certa organizzazione o piano di vita, un servizio aperto a tutti i sacerdoti. La diversità delle istituzioni sacerdotali (di tipo religioso o secolare) dipende da una serie di fattori: linee di spiritualità e azione pastorale, esperienze di vita comunitaria o associativa, impegni giuridici, modalità di dipendenza rispetto all'autorità del Vescov, etc.

 

      La comunione di Chiesa, a cui serve il sacerdote ministro, è espressione della comunione trinitaria di Dio Amore. La capacità missionaria della Chiesa corrisponde alla sua realtà di comunione. La formazione sacerdotale alla comunione è la base per poter servire in una comunità ecclesiale che è fermento di comunione per tutta l'umanità.

 

3. Il "progetto" di vita personale e comunitaria (PDV 79).

 

      Se "la fraternità sacerdotale e l'appartenenza al Presbiterio sono elementi caratterizzanti il sacerdote" (Dir. 25), allora la conseguenza logica è la seguente: "il Presbiterio é il luogo privilegiato nel quale il sacerdote dovrebbe trovare i mezzi specifici di santificazione e di evangelizzazione" (Dir. 27).

 

      A questo scopo è necessario tracciare un "progetto" di vita personale e comunitaria, con degli indirizzi e "itinerari di formazione permanente capaci di sostenere in modo realistico ed efficace il ministero e la vita spirituale dei sacerdoti" (PDV 3). "Fondamentale è la responsabilità del Vescovo, e con lui del Presbiterio... Questa responsabilità conduce il Vescovo, in comunione con il presbiterio, a delineare un progetto e a stabilire una programmazione capaci di configurare la formazione permanente non come qualcosa di episodico ma come una proposta sistematica di contenuti, che si snoda per tappe e si riveste di modalità precise" (PDV 79).

 

      Questo progetto di vita (personale e comunitaria) potrebbe presentare:

 

A) Ideario della vita sacerdotale: l'essere, l'agire e lo stile di vita nella comunione ecclesiale e nella "vita apostolica" (cfr. PO, PDV, Direttorio).

 

B) Obiettivi: secondo i quattro livelli di formazione permanente: umano (PDV 72, 43-44; Dir. 75), spirituale (PDV 72, 45-50; Dir. 76), intellettuale (PDV 72, 51-56; Dir. 77), pastorale (PDV 72, 57-59; Dir. 78).

 

C) Mezzi e programmazione (cfr. PO 18-21; PDV cap. V y VI; Dir. 39, 45-54, 68, 76, 81-86; CIC can. 246, 255, 276, 280, 533, 545, 548, 550).

 

4. Comunione con i religiosi e i laici

 

      La comunione sacerdotale nel Presbiterio ha come scopo l'esercizio dei ministeri nella Chiesa particolare. I sacerdoti sono al servizio della comunione eclesiale locale e universale. "In mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati con le acque del battesimo, i presbiteri sono fratelli membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti. Perciò i presbiteri nello svolgimento della propria funzione di presiedere la comunità devono agire in modo tale che, non mirando ai propri interessi ma solo al servizio di Gesù Cristo uniscano i loro sforzi a quelli dei fedeli laici, comportandosi in mezzo a loro come il Maestro il quale fra gli uomini « non venne ad essere servito, ma a servire e a dar la propria vita per la redenzione della moltitudine» (Mt 20,28)" (PO 9).

 

      La fraternità sacerdotale nel Presbiterio sarà garanzia di comunione tra tutte le vocacioni, ministeri, istituzioni e carismi. Riguardo a tutti i cristifedeli, "esercitando la funzione di Cristo capo e pastore per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità viva e unita e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo" (PO 6).

 

      E' parte del ministero sacerdotale curare la nascita e crescita delle diverse vocazioni cristiane: "Perciò spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo" (PO 6).

 

      Nella loro realtà di imitatori qualificati della "vita apostolica", cioè della "sequela evangelica" radicale secondo il modello degli Apostoli ("Apostolica vivendi forma"), "ricordino inoltre i presbiteri che i religiosi tutti - sia uomini che donne - costituiscono una parte insignita di speciale dignità nella casa del Signore e meritano quindi particolare attenzione, affinché progrediscano sempre nella perfezione spirituale per il bene di tutta la Chiesa" (PO 6).

 

      Il servizio ai laici riguarda il riconoscimento della loro vocazione specifica di inserimento nelle strutture umane come fermento evangelico (cfr. LG 31). Oltre rispettare la loro dignità, dovranno anche riconoscere la loro autonomia e responsabilità nel contesto della comunione ecclesiale. I sacerdoti sono chiamati a guidare la loro vita spirituale nel cammino della perfezione. "I presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti all'unità della carità, «amandosi l'un l'altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza» (Rm 12,10). A loro spetta quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo. Essi sono i difensori del bene comune, che tutelano in nome del vescovo, e sono allo stesso tempo strenui assertori della verità, evitando che i fedeli siano sconvolti da qualsiasi vento di dottrina" (PO 9).

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